galeotto fu il terriccio e chi lo lasciò sul selciato. da quel momento più non andammo avante. ma fermi in mezzo alla strada a soccorrere il ragazzo con cui ero riuscita a fare un’ora prima una clamorosa figura di merda.
venite con me vi racconterò i fatti che portarono a tanto.
vi dicevo che si doveva festeggiare jules e didg.
ricordarsi le date dei compleanni non è così difficile ma quando si parla di regali, un improvviso vuoto di memoria coglie la più preparata delle menti.
fu così che ci trovammo il giorno stesso dei festeggiamenti, cioè ieri, -a un passo dalle feste pasquali vorrei aggiungere- a spedire email su email come il gioco della patata bollente. io ebbi il coraggio di scrivere non ho il tempo nemmeno per comprare loro un lecca lecca. me ne lavai le mani. sadica ponzia. ma poi i rimorsi sono quello che sono e alla fine mi offrii di trovare carta da giornale per i pacchetti e vecchi fogli colorati per i biglietti.
si decise l’appuntamento per le otto e io, si sa -le prove sono certe-, a quell’ora stavo postando. manco la camicia poi mi riuscii a cambiare. tuttavia è un dato di fatto che quel posto puzza di carne alla griglia, che quando esci sai di pollo allo spiedo, e dunque il mio primo pensiero fu un sonoro chi cavolo se ne frega se porto vestiti sporchi di giornata?
quando arrivai al locale, grazie all’infinita pazienza di taco, solo due mancavano all’appello: uno era il mio ex fidanzato. non mi scomposi nemmeno per tirare un sospiro di sollievo. diedi piuttosto spazio alla mia arte da giocoliera, che mi permise di gettare da un tavolo all’altro, inosservata, una serie di oggetti. nell’ordine: forbice, nastro usato per le decorazioni natalizie, fogli di giornale, penna, foglio verde con due fori per gli anelli.
e già che di giocoliera l’arte vantai, per rincarare la dose, mi misi a chiacchierare coll’amico della jules, peerleu -da leggere con modo e accento inglese grazie-.
andò più o meno così.
peerleu, iou aveere grandeu dubbiou: ma come cazzou si disce mi pigli in girou?
c’è da dire che peerleu è un vero inglese che sembra uscito da uno dei libri di nick hornby. paro paro. io insisto da tempo che io e lui dobbiamo fare prima o poi le scenette di stanlio e onlio. è un testone. dice che quando parlo così -l’italiano stanleinesco per intenderci- non mi capisce.
ma comei? dico. se parrrlou proprio come teu? ma coscì tuo italianou è difficìleu! risponde. vabbè, sono una che non demorde.
ché poi la serata non puoi mica passarla con una sola persona con tutti tutti gli amici che ti girano intorno, come la musica.
allora torniamo pure al tempo esatto dei festeggiamenti, in quel luogo puzzone che un po’ ricorda un locale di menphis o uno di quelli in texas che facevano da scenografia a non è un paese per vecchi.
mi ritrovai in quella selva di chicchiericcio con cipi che giocava a fare l’alfabeto morse col medio, taco, l’unico essere a combinare sempre un guaio materiale, nella fattispecie era riuscito a rovesciare tutto il contenuto della mia borsa sul divano e a scambiare i rimasugli delle mie caramelle di liquirizia per sabbia, jules la festeggiata che pareva avesse una paresi alla faccia tanto sorrideva contenta, didg l’altra festeggiata che portava comode orecchie da elfo con nonchalance, ariel l’unica che con un po’ di lucidità cercava di rifare i pacchetti, il coniuge scusato nel vano tentativo di rifilarmi i colleghi pacco e di farmi da istruttore di canoa, myskin il mio caro caro amico, e strenuo sostenitore delle mie grandissime figure di palta tanto da restiuirmi dignità, fulì che cazziavo per il regalo che aveva comprato con grande sbattimento, più gente varia nonché il nostro buon peerleu.
e parla che ti parla arrivò sto tizio che io ho già avevo visto ma non sapevo dove, che io ricordavo ma non sapevo perché. accanto a lui, la cricri, sfidanzata da tempo. intanto io lo guardavo, lo riguardavo tornando a guardarlo. struggimento puro. poi mi si accese una lampadina -che ormai è certo, trattasi della lampadina della follia- e cominciai a scaraventare addosso al povero malcapitato il suo passato prossimo e trapassato con una serie di rimandi imbarazzanti tanto da far dire alla povera cricri ma neru sei ubriaca? mentre io lucidamente rispondevo macché, non lo sai che al massimo mi ubriaco di sonno?
il fatto è che io a sto tizio feci la radiografia amorosa senza sapere che si era appena messo con la cricri. ecco se la cricri non era al corrente da quel momento sì.
per fortuna poi arrivò il momento di tornare a casa. il malcapitato inforcò la sua moto ma all’ultima curva sbandò sul terriccio e cadde come corpo morto cade. ma si rialzò con atletico fulgore e nostro sommo giubilio senza graffi preoccupanti.
ecco, ci vuole una mente che pensa ad altro per confondersi. come dire, mi sono sentita un po’ in colpa.
p.s. questo post l’ho promesso ieri notte. adesso non mi si può dire più nulla. però basta con i post lunghi neh?