oggi è un giorno bello. non perché sia speciale. non c’è nulla di particolare oggi ma proprio per questo è bello bello. i giorni così, quando non c’è niente da festeggiare e ti accorgi che sono belli lo stesso, sono -come dire- usando un termine nuovo, direi belli.
sarà una pirlata, ma il cielo è azzurro -a milano!-, come quando si scrisse quel cielo di lombardia, così bello quand’è bello, così splendido, così in pace. un caldo buono che ti asciuga le ossa, poca umidità spazzata via da una brezza leggera.
e le nuvole. bianche a formare figure di animali -credo di aver visto un chihuahua-. sono sparse qua e là che sembrano zucchero filato.
così sono tornata. la casa fresca senza quell’aria confezionata in svendita. in ombra, aspettava me. nei giorni così mi piace sedermi e leggere una poesia. poi riparto. devo uscire tra poco. mi piacciono i giorni così. l’ho detto? stasera mi voglio rivedere il cielo sopra berlino.
il titolo del post è il titolo della poesia che ho letto. riletto. nella moltitudine.
non è un post malinconico questo, né ironico. non ha pretese. non riflette. non ci troverete niente se non una donna in ascolto.
Sono quella che sono.
Un caso inconcepibile
come ogni caso.
In fondo avrei potuto avere
altri antenati,
e così avrei preso il volo
da un altro nido,
così da sotto un altro tronco
sarei strisciata fuori in squame.
Nel guardaroba della natura
c’è un mucchio di costumi:
ragni, gabbiano, topo di campagna.
Ognuno va subito a pennello
ed è portato docilmente
finché si consuma.
Anch’io non ho scelto,
ma non mi lamento.
Potevo essere qualcuno
molto meno a parte.
Qualcuno d’un formicaio, banco, sciame ronzante,
una scheggia di paesaggio sbattuta dal vento.
Qualcuno molto meno fortunato,
allevato per farne una pelliccia,
per il pranzo della festa,
qualcosa che nuota sotto un vetrino.
Un albero conficcato nella terra,
a cui si avvicina un incendio.
Un filo d’erba calpestato
dal corso di incomprensibili eventi.
Uno nato sotto una cattiva stella,
buona per altri.
E se nella gente destassi spavento,
o solo avversione,
o solo pietà?
Se al mondo fossi venuta
nella tribù sbagliata
e avessi tutte le strade precluse?
La sorte, finora,
mi è stata benigna.
Poteva non essermi dato
il ricordo dei momenti lieti.
Poteva essermi tolta
l’inclinazione a confrontare.
Potevo essere me stessa -ma senza stupore,
e ciò vorrebbe dire
qualcuno di totalmente diverso.
Wislawa Szymborska