Quanto spesso non udiamo il buon popolo di Norvegia parlare con intimo compiacimento della prudenza norvegese, che in fondo altro non e’ che quella tiepida temperatura sanguigna che rende impossibile alle anime probe commettere una follia in grande stile. Il gregge e’ bene addestrato, non si puo’ negarlo; e’ di un’uniformita’ nel suo genere perfetta; simili per tutti il passo e la cadenza.
Quaggiu’ a Roma , credimi, e’ diverso! Chi venendo dal Nord e’ riuscito a conservare una traccia di umanita’, scopre, da queste parti, che c’e’ qualcosa di meglio che avere una mente lucida, e sarebbe possedere un’anima integra. So di madri del Piemonte, di Genova, Novara, Alessandria, che hanno ritirato i figli quattordicenni dalle scuole perche’ partecipassero all’avventura di Garibaldi a Palermo; e non era tanto questione di liberare la propria terra, quanto di realizzare un’idea; quanti dei nostri parlamentari credi farebbero lo stesso, se i russi invadessero il Finmark?
Da noi le cose diventano impossibili, appena eccedono la misura del quotidiano.
Da Henrik Ibsen a Magdalene Thoresen, 1865.
Tratto da “Vita attraverso le lettere”, Iperborea
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Il sogno
di Olav Hauge -poeta norvegese-
e’ quel sogno che portiamo dentro
che succeda un miracolo
che debba succedere
che il tempo si apra
che i cuori si aprano
che le porte si aprano
che la montagna si apra
che le sorgenti sgorghino
che il sogno si avveri
che una mattina planeremo
verso un porto che non sapevamo esistere
ibsen sembra parlare di un’italia e di un italiano così distante e lontano nel tempo. Son passati cent’anni e pesano tutti sulla schiena degli italiani, eh?
forse. forse quello che c’è resta. forse abbiamo perso il senso di tante cose. forse siamo ancora in grado di ricostruire qualcosa.